TORINO. La guerra, evidentemente, non l’hanno vinta. Ma, sul diritto alla mobilità, i disabili torinesi una battaglia importante l’hanno comunque portata a casa. Perché adesso il Comune di Torino dovrà mettersi al lavoro per garantire l’accessibilità dell’intera rete di trasporto urbano; che è stata giudicata insufficiente dal Tar del Piemonte, con una sentenza che impegna il Gruppo torinese trasporti (Gtt) ad approvare, nei prossimi sei mesi, “idonee misure di programmazione e pianificazione degli interventi diretti ad eliminare le barriere architettoniche ed a migliorare l’accesso degli utenti disabili al servizio di trasporto pubblico”.
Una decisione giunta al culmine di una lunga serie di battaglie e azioni legali; iniziate quando, nel luglio del 2012, l’avvocato Davide Petrini della Consulta per le persone in difficoltà (Cpd) annunciò una “pioggia di ricorsi” destinata ad abbattersi, di lì a poco, sul Comune. Oggetto del contendere era il nuovo regolamento per il servizio trasporti dedicato ai cittadini con disabilità; una riforma che, tra le altre cose, sanciva come questi ultimi dovessero farsi carico di una parte consistente dei costi relativi ai cosiddetti buoni taxi, tagliandi che fino ad allora erano stati distribuiti gratuitamente dal Comune, per permettere a disabili motori e sensoriali di andare al lavoro e nelle sedi mediche senza essere costretti a spese esorbitanti.
L’alternativa, in teoria, dovevano essere i mezzi pubblici; sulla cui accessibilità, il Cpd aveva diffuso dati a dir poco desolanti: le fermate dotate di un sistema audiovisivo per i disabili sensoriali coprivano appena un quarto del totale, mentre solo il 58 per cento dei bus era fornito di pavimento ribassato. I tram e gli autobus attrezzati per le carrozzine, poi, coprivano rispettivamente il 49 e il 66 per cento del totale. Cifre che cozzavano con quelle, molto più ottimiste, presentate dall’assessore ai trasporti Claudio Lubatti; secondo il quale appena il 20 per cento dei mezzi cittadini avrebbe presentato problemi di accessibilità. Ma che sono state invece prese sul serio dal Tar, che ha giudicato inadempienti Comune e Azienda trasporti nei confronti della legge 104/92, che sancisce il dovere di eliminare le barriere architettoniche e di programmare “interventi atti a consentire alle persone disabili di muoversi liberamente sul territorio, usufruendo alle stesse condizioni degli altri cittadini dei servizi di trasporto collettivo appositamente adattati o di servizi alternativi”.
Presentato da un coordinamento interassociativo composto dalle principali sigle cittadine che tutelano i diritti dei disabili, il ricorso in realtà è stato accolto solo parzialmente: i ricorrenti, infatti, puntavano soprattutto all’annullamento del nuovo Regolamento relativo ai buoni taxi, chiedendo che questi ultimi quindi tornassero ad essere distribuiti gratuitamente, senza distinzioni tra fasce di reddito. Secondo il coordinamento, proprio l’efficienza di quel servizio avrebbe permesso alla Gtt di lasciare per anni in circolazione mezzi inadeguati e poco accessibili: per questo, all’indomani della riforma, gran parte dell’associazionismo cittadino era salito sulle barricate; arrivando addirittura, nel maggio del 2013, ad occupare per un intero pomeriggio il cortile di Palazzo civico, sede del Consiglio comunale.
Ora, per la seconda volta, il Tar ha giudicato infondata quella richiesta; il primo ricorso, presentato dall’Unione ciechi, era stato respinto esattamente un anno fa con le medesime motivazioni: il servizio di trasporto disabili “viene erogato nei limiti delle disponibilità finanziare dell’ente locale”; vale a dire che, in uno dei comuni più indebitati d’Italia, i cittadini disabili con un reddito sopra i 10mila euro dovranno continuare a contribuire, in alcuni casi in maniera consistente, ai loro viaggi in taxi. “In ogni caso – spiega Gianni Ferrero presidente del Cpd – la sentenza resta una vittoria importante. Non bisogna dimenticare che si è trattato di una vera e propria class action: abbiamo raccolto le denunce di numerosi cittadini, e in tribunale abbiamo dimostrato come, per molti diloro, andare a lavorare fosse diventato economicamente sconveniente, dal momento che metà del loro stipendio veniva spesa per i buoni taxi”.
E adesso? “Di certo non resteremo a guardare” conclude Ferrero. “Il Tar ha vincolato l’amministrazione comunale a stilare un piano per la rimozione delle barriere architettoniche e noi non ci limiteremo a vigilare sul loro lavoro: vogliamo parteciparvi attivamente. Torino è l’unica metropoli italiana ad essersi dotata di un Disability manager: è lui che dovrà occuparsi della creazione del piano, ed è lui che incontreremo a fine mese, per esporgli le nostre idee” (ams)
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(Fonte: SuperAbile.it del 24-09-2014)